Yokai Hunters Society – una recensione

Pochi giorni fa mi è arrivata la copia di Yokai Hunters Society, un piccolo gioco creato da Punkpadour. L’ho acquistato come POD su Amazon per 9,55€. Ho scelto questa versione, in inglese, ma è possibile trovarlo anche tradotto in italiano. Il manuale ha solo 36 pagine ed è in formato A5, quindi è davvero un manualetto piccolino… ma in poco spazio c’è tutto il necessario per giocare.

Introduzione

Ci sono giochi che per design possono essere usati per molti generi diversi. Altri nascono con lo scopo di rappresentare una specifica fiction. Questo è il caso di Yokai Huners Society: i giocatori interpretano solo ed esclusivamente cacciatori di spiriti/demoni (il concetto di yokai è onnicomprensivo) nell’era Meiji del Giappone (1868 – 1912). Ne emerge un regolamento semplice, punitivo e in qualche modo molto “giapponese” nella sua eleganza.

Molto adatto a one-shot e campagne brevi, YHS è un gioco chiaramente OSR e molto esile per quanto riguarda il comparto meccanico, ma la sua ambientazione implicita è molto evocativa e il gioco ha un suo fascino.

Farò una breve descrizione delle regole, una recensione vera e propria e infine concluderò con due ambientazioni alternative per il regolamento.

Regolamento

Il manuale è davvero molto ridotto e non mi soffermerò troppo sulle regole. Il sistema in sé è abbastanza semplice e si basa sul lancio di 2d6 (o 3d6 in certe situazioni), ma servono anche dei d8 per i “Curse point” (che funzionano come una meccanica di fortuna o fato in altri giochi), e per tirare su alcune tabelle in fase di creazione del personaggio.
Questo primo passaggio è semplicissimo: scegliete come distribuire dei punti tra quattro caratteristiche (ogni punto è un +1 che sommerete al tiro di 2d6 quando ha senso farlo), tirate o scegliete la personalità, il nome, l’età e l’impiego del personaggio. Scegliete e randomizzate tre oggetti di equipaggiamento. E decidete che tipo di maschera indosserete in battaglia (questo ultimo elemento è puramente legato al vostro gusto personale e non ha ripercussioni meccaniche).

L’equipaggiamento è piuttosto importante perché ciascun oggetto può fornire un bonus uguale o maggiore a +1, da sommare al tiro di 2d6. A volte può essere un uso singolo (bere da una fiasca di saké) altre volte il bonus si applica finché l’oggetto è disponibile. Creare, trovare o comprare oggetti è una parte piuttosto importante del gioco, specie perché i personaggi sono fragili e hanno bisogno di ogni aiuto possibile.

I nemici sono formidabili e hanno una meccanica che li rende più facili da affrontare mano a mano che vengono feriti. Il trick sta nel fatto che inizialmente ferirli sarà davvero molto difficile.

Cosa ne penso di YHS?

Il regolamento è semplice. Molto semplice, in realtà, e tutti i giocatori dovranno usare molto più l’astuzia e l’inventiva che i dadi. Ma essendo un prodotto OSR credo proprio che ciò sia voluto.
Non è un gioco longevo a livello di meccaniche, ma nessuno ha detto che i personaggi debbano livellare ad ogni sessione… qui tanto non ci sono opzioni extra da acquisire, e si potrebbe fare una lunga campagna senza mai un “level-up”. I combattimenti sono certamente letali e credo vadano evitati come la peste, anche se forse gli scontri contro semplici umani sono più accessibili.

Pur concentrato in poche pagine, il manuale ha molto da offrire. Ci sono notizie sull’era Meiji, diversi yokai, un paio di pagine esaustive sull’equipaggiamento, spunti per avventure e personaggi. Manca solo un’avventura introduttiva, anche appena delineata, ma capisco che non sarebbe stato facile condensare tutto in così poco spazio. Ottima l’impaginazione (come molti POD ha poco margine verso la cucitura, ma questo è endemico) e davvero evocative le immagini. Ogni mostro è rappresentato con un disegno dettagliato, per aiutare chi non ha una conoscenza estesa del folklore nipponico.

Due Ambientazioni

TOKYO 1998

Anche se il gioco nasce per l’epoca Meiji, non deve limitarsi a quel periodo. Per spostarsi avanti o indietro nella linea temporale basta davvero poco, in sostanza è necessario solo cambiare il potere d’acquisto del denaro. Più ci avviciniamo al presente più è facile stimare i prezzi delle merci e la consistenza dello stipendio. Per epoche più antiche come il periodo Edo si può invece rendere il potere d’acquisto un concetto più astrato. L’equipaggiamento non è un problema: siccome il sistema pensa in termini di semplici “+1” da sommare ai tiri, una pistola a polvere nera ben fatta che aggiunge +1 è virtualmente indistinguibile da un’automatica che aggiunge +1.

Eccoci quindi per le strade di Tokyo alla fine degli anni ’90. Il Giappone è appena riemerso da una grave crisi economica, ma i problemi non sono certo finiti. Disoccupazione e sfiducia, assieme al rampante fenomeno della globalizzazione, hanno marchiato un’intera generazione. Questi sono gli anni degli attentati nelle metropolitane, delle bande di teppisti con le pettinature pompadour, del proliferare dei senzatetto… insomma terreno fertile per gli yokai più oscuri.

Tanto più che l’organizzazione che dovrebbe affrontarli è ormai allo stremo delle forze. I personaggi sono parte della generazione più recente e dovranno fare i conti con diversi problemi:

  • Gli yokai proliferano nutrendosi del malessere quotidiano, ma al contempo possono nascondersi molto più facilmente. In una città come Tokyo camuffarsi da umano o occupare qualche angolo buio o dimenticato è facilissimo. In Giappone molte persone hanno ancora un animo profondamente spirituale, ma sono pur sempre gli anni ’90 e il materialismo la fa da padrone. Le persone moderne sono più vulnerabili: quanti giovani impiegati conoscono mezza preghiera shintoista?
  • Uccidere uno spirito volpe nell’Era Meiji era più semplice. La notte era ancora buia e le persone credevano vivamente a miti e leggende. Pur mantenendo l’anonimato dato dalla maschera, il cacciatore poteva compiere la missione concentrandosi solo sui pericoli sovrannaturali. Ma oggi, in mezzo ad una metropoli, la caccia cambia completamente. Non è possibile girare armati senza attirare attenzioni indesiderate e anche i villaggi di campagna hanno telefoni e macchine fotografiche. I cacciatori diventano molto più simili ad investigatori privati e devono affidarsi più alle indagini che alla forza bruta.
  • Senza una struttura rigida e capillare i cacciatori diventano cani sciolti. Alcuni lo fanno per principio, altri semplicemente sono costretti a lavorare da soli e finiscono per perdere i contatti con la Society. Ci sono cacciatori che sono diventati mercenari e sfruttano le loro conoscenze per guadagnare cifre molto alte. Altri seguono filosofie e metodi personali, magari accettando di uccidere o lasciar morire esseri umani per massimizzare gli effetti di una caccia. E di recente ci sono ex-cacciatori che si sono messi al servizio di potenti spiriti per ottenere potere (o per sopravvivere!).

Per non parlare delle nuove generazioni di yokai che si originano dalla TV, da Internet, dal consumismo, dall’inquinamento… Nascono nelle strade illuminate dai neon, in vicoli sporchi, dai tubi di scappamento di milioni di macchine. Sono malevoli, capricciosi, e soprattutto misteriosi. Nessuno sa come affrontarli, nessuno sa che poteri hanno.

LUPUS EST HOMO HOMINI

Tokyo 1998 cambia il periodo storico del gioco, ma mantiene il focus sullo spazio: è sempre il Giappone. Ma perché non cambiare entrambe?
Lupus est homo homini (la versione più antica, di Plauto, del noto motto hobbesiano homo homini lupus) è un’ambientazione tascabile per giocare nella Roma repubblicana. Un luogo e un tempo dove il confine tra il mondo fisico e quello sovrannaturale era davvero molto sottile. Pensiamo al culto di laripenatimani; ai fantasmi, i cosiddetti lemures. Ai numerosi riti romani che sono giunti fino a noi, ciascuno pensato per fare le cose “nel modo giusto” in modo da non irritare divinità e spiriti.
Fantasmi e streghe sono abbastanza comuni nel folklore romano, ma forse uno degli elementi più interessanti è la licantropia: il legame tra Roma e i lupi è abbastanza chiaro e ovvio. C’è la famosa Lupa che ha allattato Romolo e Remo, c’è la festa dei Lupercalia, il fatto che il termine “lupo mannaro” deriva probabilmente dal latino lupus hominarius, cioè “lupo che si comporta da uomo”. Un sacco di spunti interessanti!

Quello dei Venatores è un ordine segreto di patrizi, creato allo scopo di vegliare sulla salute e sulla sacralità di Roma. Solo i sacerdoti sanno con sicurezza chi ne fa parte, mentre i membri stessi si camuffano con maschere e pelli di lupo e capro. Contrariamente al resto della società romana, l’ordine dei Venatores accoglie anche donne nelle sue fila, considerate più vicine alla Lupa e quindi più sensibili a certi cambiamenti. I Venatores si incontrano tutti assieme assai di rado, e più spesso agiscono in piccoli gruppi organizzati e diretti da un sacerdote. Operano in due modalità:

  • Intervengono contro quelle persone che si comportano in modo empio, mettendo a rischio Roma. A seconda della gravità dell’atto possono malmenare, esiliare o uccidere il colpevole; agiscono sempre nell’ombra e anche quando vengono visti le persone evitano di nominarli e parlarne. Fungono da polizia segreta e inquisizione ma operano in modo tutt’altro che sottile.
  • Agiscono contro pericoli sovrannaturali come spettri, magie o maledizioni. In particolare un pericolo piuttosto grave è quello dei lupi hominarii, colpiti da una maledizione che scorre nel sangue di Romolo: col sangue della Lupa, i gemelli hanno preso anche la sua natura ferale. Pur non essendo maghi, affrontano questi pericoli con la forza e l’astuzia.

La maggior parte dei pericoli sovrannaturali viene tenuta a bada da riti come i Lupercalia e da persone sacre come le vestali, ma a volte la forza delle profanità è tale da scuotere l’ordine prestabilito delle cose, e i Venatores sono costretti ad intervenire.

 

 

 

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