I Gatti di Eos

Il tema del Vecchio Carnevale Blogghereccio di Aprile è quello dei Gatti. Questo mese è ospitato da Cursed Diaries. 

Mi piacciono moltissimo i gatti, anche più dei cani. A trent’anni suonati per me ci sono stati pochi e brevi momenti senza felini per casa. Potrei dire molto sul loro comportamento, sulle loro piccole personalità, sui rituali che è necessario seguire per interagire con loro… eppure, questa volta, voglio prendere l’argomento da un’angolazione leggermente diversa.

Di primo acchito ho pensato ad una razza giocabile di gatti (non gatti umanoidi come i tabaxi), ma in realtà ce ne sono parecchie versioni in giro per il web. Così ho pensato un po’ alle varie accezioni del termine. C’è il gatto a nove code, che è una specie di frusta. Ma un intero articolo solo su un’arma? Nah! Come sempre ho pensato quindi di unire l’utile al dilettevole. Scrivere un articolo sul tema mensile e al contempo ampliare un aspetto di Eos.

Se avete letto il mio articolo più recente sul worldbuilding, anche questo è stratificare!
Taglio la testa al toro: questo è un articolo di lore che riguarda i gatti di Eos. Come vengono percepiti da alcune delle società e culture più importanti, e che ruoli ricoprono nella simbologia e nella magia.

 

La Tigre e la Guerriera

Nel sankh di Adanina gli animali della giungla e della savana sono spesso stati d’ispirazione per guerrieri, sapienti e artisti. Molti degli spadaccini più bravi hanno tratto le proprie mosse dai temibili serpenti-coltello, e i grandi drachi erbivori sono spesso intagliati nel legno delle abitazioni: rappresentano la solidità, la forza e la dedizione per il branco.
Ma la tigre è certamente l’animale tenuto in maggior considerazione. Vuole la leggenda che Baaghbetee Cham ri ua Yuddh, la prima jadan (imperatrice) sia stata protetta e guarita da una tigre dopo la sua fuga dal palazzo del tiranno. Sempre la leggenda vuole che Baaghbetee sia diventata poi così forte e feroce da duellare con suddetta tigre per il titolo di “regina della foresta”. La pelle della tigre è sempre associata alla prima jadan: a volte la indossa come mantello, altre volte è la bandiera che i suoi uomini reggono sul campo di battaglia. In rari casi Baaghbetee viene raffigurata a cavallo dell’animale.
Le jadan successive hanno sempre commemorato il sacrificio della belva: prima ha protetto la loro antenata, e poi si è immolata per permettere la trasformazione di Baaghbetee da schiava fuggiasca a regina-guerriera. Il sacrificio della tigre è spesso ritenuto mistico e spirituale più che fisico: la jadan ha uccisodomato la belva, diventando essa stessa portatrice della forza e ferocia del felino.

Da sempre le jadan tengono tigri come animali da compagnia, arrivando anche a selezionare gli esemplari più grandi e magnifici e usare la magia per accrescerne le dimensioni. In questa era ci sono tre tipi di tigre nel sankh:

  • La tigre selvatica, nata e cresciuta nella foresta. Viene occasionalmente cacciata da condottieri e principesse per dimostrare il proprio valore. Non è il predatore alfa del suo territorio (ci sono drachi, grandi scimmie e mostri più grandi) ma è un animale astuto e feroce.
  • La tigre addomesticata, nata e cresciuta nel mondo civilizzato. Di taglia un po’ più grande, viene impiegata come animale da guardia, da caccia e compagnia. Occasionalmente viene montata in battaglia da guerrieri particolarmente aggressivi.
  • La tigre imperiale, nata e cresciuta a palazzo. Molte di queste tigri sono più alte di un cavallo al garrese, se non di più. Hanno spesso tratti notevoli come spine, scaglie, ali, zanne più lunghe, un numero maggiore di arti… dipende molto dal gusto della jadan che le ha cresciute. Vengono impiegate come guardiane magiche, ma hanno soprattutto un valore spirituale e culturale. Sono spesso presenti alle udienze pubbliche della jadan, e la seguono negli spostamenti.

Denti a Sciabola

Tra i popoli dell’emisfero boreale, in particolare flin, klaya e orchir (rispettivamente halfling/gnomi/goblin, umani delle regioni fredde e orchi) uno degli animali più temuti è la cosiddetta pantera. Viene detta anche isvek (pugnale del Padre, per i klaya) per via delle zanne acuminate che spuntano dalla bocca e scendono anche sotto il mento. Ferocissimo predatore, è capace di uccidere anche i mammuth e i drachi delle nevi; contro di essa un guerriero da solo può fare ben poco se non sperare in una morte rapida e gloriosa.

Ma si sussurra che le isvek siano in realtà ben altro che semplici animali. Sono streghe e stregoni che si camuffano, indossando pelli magiche che li trasformano in animali. Oppure sono gli spiriti inquieti di guerrieri morti tra i ghiacci, privati della dignità e della speranza di riprendere il ciclo della reincarnazione. Per i flin le pantere sono proprio le anime reincarnate di assassini e traditori, in particolare di coloro che hanno mancato alla parola data o violato le regole dell’ospitalità.

Tutte queste teorie non sono necessariamente fantasie e superstizioni. Infatti è vero che le pantere dai denti a sciabola* sono più intelligenti di quanto non si potrebbe credere: costruiscono trappole rudimentali e sono certamente in grado di contare e compiere ragionamenti logici. Sono limitate nella forma dei loro corpi e non possono certo impegnarsi in progetti complicati, ma sono note per allargare buche naturali e coprirle di frasche e neve. Alcune sono state viste aprire porte chiuse con chiavistelli, e sembrano avere una comprensione vaga ma comunque notevole del concetto di magia. Non temono il fuoco e nemmeno luci e suoni improvvisi. Qualche testimonianza (poco attendibile, però) parla anche di pantere in grado di usare la magia!
Infine, è anche vero che la pantera è una delle forme preferite tra gli sciamani del nord, sia klaya e orchir; forse molti avvistamenti di animali sono stati in realtà incontri con uomini e donne dai poteri magici?

*uso il termine “pantera” invece di “tigre” perché coniato da popolazioni che hanno scoperto dell’esistenza delle tigri solo da poco tempo. Il nome comune delle isvek predata di un paio di millenni l’avvistamento di una tigre nelle terre vicine a quelle klaya e orchir. 

I Gatti di Maughimel

Molti incantatori scelgono un gatto come famiglio. In parte perché i gatti sono belli a vedersi, agili, furtivi, intelligenti e abbastanza comuni da non dare nell’occhio. Su Eos tutto ciò è certamente vero, ma i maghi amano i gatti soprattutto perché questi sono tra gli animali sacri della dea della Magia. Si dice che Maughimel abbia donato loro un tocco di magia, ed è per questo che quasi sempre cadono in piedi, spesso scampano al pericolo per mera fortuna e hanno “tante vite”. I gatti di Eos godono anche della speciale protezione della loro patrona, e per quanto restino dei semplici animali sono difficili da influenzare con la magia. Ciò vale solo per i veri gatti, mentre i famigli sono spiriti che ne assumono solo la forma per interagire con il mondo. [Tutti i gatti di Eos hanno vantaggio ai Tiri Salvezza contro incantesimi ed effetti magici].

Una razza felina molto pregiata è quella dei violetti variegati, dal mantello color lavanda a strisce (o raramente macchie) più scure. Quelli dal pedigree puro hanno anche gli occhi color ametista e un piccolo cerchio nero sul petto. In particolare gli aelfir si dilettano nell’allevamento di questi animali e amano circondarsene. Di recente il loro colore peculiare ha attirato l’attenzione di una delle eptarchie lunari: Felcaye ha come colore sacro proprio il viola. La nuova moda dell’alta società felcayese è proprio l’acquisto dei violetti variegati; i felini non sembrano molto a loro agio su Ssyke per via del particolare ciclo di albe e tramonti della luna. Lo stesso viaggio è spesso stressante per il felino, e solo una manciata riesce a portare a termine una gravidanza. Proprio per questo il prezzo di questi gatti è schizzato alle stelle e hanno cominciato a diffondersi gatti viola “taroccati” con la magia (o con la vernice!)

Le Linci del Kel

Tra le montagne occidentali e le pianure che si stendono subito alla loro base vive un felino tozzo, dalla coda corta e dal pelo lungo. È un predatore di mezza taglia, un cacciatore di uccelli, piccoli rettili, roditori e occasionalmente animali da allevamento; sfuggente e furtivo come un brigante. I dwir del Kel (i nani che vivono sopra e dentro le montagne della regione) lo conoscono bene e nelle loro storie compare spesso nel ruolo del trickster al servizio del dio Falos. Un tempo i dwir vivevano più fuori che dentro i Kel, e avevano incontri più frequenti con questo animale: in quei periodi antichi la caccia alla lince era un’attività molto pericolosa ma anche molto apprezzata: l’animale con la sua agilità è molto difficile da seguire lungo i ripidi pendii e i burroni, e durante la caccia era considerato scorretto usare armi da tiro o da lancio. Il diwr che riusciva a tornare con la preda era considerato un abilissimo cacciatore ma soprattutto un individuo saggio e capace di discernere il vero dal falso: se la lince è una bugiarda e un’imbrogliona, la sua sconfitta non può che essere opera di una persona meritevole.

Il primo re di Kel Boldar in gioventù si cimentò spesso in questo sport, e il giorno della sua incoronazione venne preannunciato da una battuta di caccia particolarmente fortunata: egli tornò a casa con una lince viva al guinzaglio. Questa storia è dai più ritenuta una mezza leggenda, o comunque un’accurata modifica della realtà dei fatti. Dipinto in questo modo re Berrig I appare come il più saggio dei dwir, nonché il più astuto, e alza l’asticella quel tanto da renderlo un individuo quasi mitico.

Con il ritirarsi dei dwir dentro i Kel le linci si sono fatte più comuni e si sono diffuse anche sul versante desertico delle montagne, e nella vicina foresta di Venalis. L’influenza culturale delle linci è però ancora presente a Kel Boldar. In diverse rievocazioni di battaglie, eventi mitici e favole c’è spesso un nano che si traveste da lince e rappresenta il caso e la fortuna che si intromettono nel corso degli eventi.

Sh’waki la Guida

Nelle isole di Khard il culto degli ongo’kisi, gli spiriti della natura, è molto sentito. Ogni isola ha il suo spirito patrono, e così ogni villaggio. Lo stesso vale per foreste, laghi e montagne particolarmente grandi. Tuttavia è raro che un singolo ongo’kisi sia venerato in più luoghi, o addirittura in tutto l’arcipelago. In passato era molto diffuso il culto di P’wath, lo spirito dell’oceano, ma era una forma di venerazione dettata dalla paura di marinai e viaggiatori. Un altro spirito che ha raggiunto una diffusione così vasta è Sh’waki la Guida. La ragione è semplice: Sh’waki è colei che porta le anime dei morti nell’aldilà, aiutandole a reincarnarsi se sono degne o consegnandole a Qos se non lo sono. Curiosamente la leggenda vuole che le sia interdetto l’accesso ai Giardini Celesti, e che quindi le anime più pure e beate non la incontrino mai.

Viene rappresentata come un gatto bianco, dalle lunghe zampe e dal corpo sottile, le orecchie grandi e il muso appuntito. La coda spesso termina in una nuvola, o in fumo, oppure con la lama di un coltello: è con esso che stacca l’anima dal corpo. I suoi occhi rossi possono vedere oltre ogni bugia e menzogna, e tenere a bada gli immondi di Qos proteggendo i morti dalle loro grinfie. Durante le rappresentazioni delle storie, molto care al popolo di Khard, appare come una donna fl’alma albina armata di un lungo coltello ricurvo e vestita di bianco. Proprio per Sh’waki gli albini sono temuti e rispettati, e si ritiene che abbiano un legame più forte con la vita e con la morte.

Un tempo Sh’waki era venerata in templi veri e propri con offerte e libagioni per ingraziarsi i suoi servizi. Ma piano piano il culto si è fatto più personale e privato, e oggi restano pochissimi templi dedicati alla Guida.

Gli Uomini-Gatto Wasi

Su Eos non esistono animali antropomorfi, o in generale razze “bestiali”. Il ruolo è occupato dagli orchir, che a loro volta discendono dal popolo degli yoth, oggi estinto. Dunque cosa sono gli Uomini-Gatto?

Le terre wasi sono sempre in costante fermento. Le bande e le tribù si scontrano tra loro, assaltano le carovane, sconfinano ora ad ovest nel Sankh e ora ad est nel Protettorato Samudhi. Chiuse tra un deserto e una catena montuosa e nord, e da altri deserti e terre aride a sud, i wasi non hanno mai dedicato molto tempo all’agricoltura o ad altre attività sedentarie. Sono nomadi o semi-nomadi e preferiscono la caccia e il saccheggio ad ogni altra attività. Tra l’altro gli stranieri li chiamano “popolo wasi” senza tenere conto che all’interno di questo insieme ci sono non meno di tre gruppi culturali ben separati, più una manciata di sotto-culture nate da incontri con altri popoli.

Uno dei tre gruppi principali è quello dei Ghi-Wass-ii, dai quali tra l’altro deriva il nome comune “wasi”. Nella loro lingua il termine significa pressappoco “quelli che camminano senza cadere” e intende la cosa sia in senso letterale che figurato. I Ghi-Wass-ii sono appunto gli uomini-gatto, e il gatto in ogni sua forma è il loro totem, la forma che attribuiscono al dio Falos [Nota: gli altri due gruppi sono i Ni-Haa-ii che interpretano Falos come un cavallo selvaggio, e i Wi-Raa-ii che lo considerano un avvoltoio]. I Ghi-Wass-ii non differiscono dagli altri umani nell’aspetto: anche se le storie di alcuni viaggiatori li dipingono come dotati di orecchie, code o anche occhi felini, in realtà sono semplici uma dalla carnagione scura e il fisico minuto e leggero. Sono molto agili e compiono spesso acrobazie notevoli, ma la cosa non è dovuta a nulla di sovrannaturale. Sono semplicemente abituati a questo genere di imprese.

Allora da cosa prendono il loro nome? La spiegazione è semplice: il totem gli permette di parlare con tutti i felini, comunicando con loro come farebbero con le persone. Non solo, ma alcuni di questi wasi intraprendono una serie di riti per poter assumere temporaneamente forma felina, prediligendo quella delle pantere maculate delle pianure locali. Lo fanno indossando pellicce appositamente trattate e nutrendosi di piante tossiche preparate con cura. La trasformazione a volte è irreversibile, e secondo un paio di studiosi potrebbe essere qualcosa di parallelo alle leggende sulle pantere dai denti a sciabola.

Naturalmente i campi dei Ghi-Wass-ii sono frequentati da felini di ogni taglia, ma di rado i nomadi domesticano davvero questi animali. Rispettano troppo lo spirito libero e indipendente del gatto per poterlo sottomettere e controllare. I felini vanno e vengono a piacere, a volte cacciando a fianco degli umani, a volte rubando il loro cibo, a volte ignorandoli.

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