5 Consigli per il Worldbuilding

Il primo articolo del Blog Bellicoso, dopo la dichiarazione d’intenti, era proprio “Worldbuilding – Parte 1: ma di cosa stiamo parlando? | Il Blog Bellicoso“. Non ho mai scritto una seconda parte! Eppure il worldbuilding è proprio il mio punto forte come DM, abbandonando un attimo la modestia. Però un conto è saper fare, e un’altra cosa è saper insegnare. Ché se ne dica, la seconda parte non è poi così facile.

E così ho lasciato un po’ perdere questo argomento, anche se l’ho toccato varie volte in altre occasioni. Però il lato positivo è che ora sono più vecchio e saggio e possiedo delle conoscenze in più.

Certo potrei scrivere un vero seguito del primo articolo, ma preferisco invece darvi dei consigli più precisi e utili. Dopo tutto esistono numerosi articoli che spiegano già piuttosto bene come funzionano le basi del worldbuilding.

1 – Stratificare 

Se volete creare qualcosa di davvero vivo, un mondo che sia verosimile e abbia una sua logica e una sua storia, non potete costruirlo in una sola volta. Non parlo solo del tempo necessario: anche se aveste modo di investirci cento ore filate, al pieno della concentrazione e dell’inventiva, non fareste un buon lavoro. Sapete perché? Perché noi lavoriamo prendendo ispirazione da diverse fonti, a volte consciamente e a volte no. Ci piace un elemento e lo inseriamo nella nostra storia; un altro ci è entrato sottopelle e ora lo aggiungiamo trasformato e irriconoscibile, senza pensarci. Ma procedendo senza fermarci e “far fermentare” quello che abbiamo già scritto, finiremmo per limitare la nostra inventiva.

Invece un buon lavoro di worldbuilding prevede un procedere lento e costante. Ogni volta si aggiunge qualcosa, uno strato nuovo. Lo dico per esperienza: Eos è in cantiere perpetuo, cosa nuova rispetto ad ambientazioni precedenti che ho sempre “completato” prima di giocare. Certo negli ultimi due anni ho cambiato alcune cose minori (cosette per le quali ho avuto idee migliori successivamente), ma soprattutto ho stratificato.

Prendiamo come esempio le isole di Khard, ora ben descritte nel corso della challenge Dungeon23. Le ho introdotte inizialmente come contorno del continente principale; poi vi ho ambientato una piccola avventura; successivamente altre due one-shot e ora sto descrivendo 52 delle sue isole. Sono state tangenzialmente toccate anche nella campagna principale, in una collaterale e in quella attuale.
Mettendoci del tempo, ho evoluto Khard in un luogo molto più interessante e vivo.

In sintesi, questo concetto di stratificare non è che una variante del “parti dal piccolo e poi espanditi”. Partiamo da una descrizione piccola dell’ambientazione, anche nella sua interezza. Poi ci espandiamo nel tempo, strato dopo strato. E poi…

2 – Dal grande al piccolo al grande

Di solito esistono due metodi di worldbuilding: dal grande al piccolo (da ora in avanti GP) e dal piccolo al grande (da ora in avanti PG). La mia esperienza mi dice che PG è più semplice, richiede un investimento minore ed è più pratico per chi comincia a muovere i primi passi. GP è spesso considerato troppo faticoso e dispersivo; alcuni però preferiscono costruire in grande.

Il mio consiglio in questo caso è semplice: non dovete scegliere.
Non so se siete familiari con il concetto di “point crawl”: in sintesi è un sistema di esplorazione basato non su esagoni o mappe millimetrate, ma su una mappa con una serie di “punti” di interesse collegati tra loro da strade (che possono essere strade vere o meno). I personaggi/giocatori possono scegliere quali punti visitare, sapendo in base alle strade che tipo di percorso devono fare. Permette di focalizzarsi solo su quegli elementi più interessanti, laddove un hexcrawl ha magari sedici esagoni semi-vuoti, solo una perdita di tempo.

Ecco, il vostro mondo può essere un point crawl. Prima lo definite nel suo insieme, con metodo GP: i continenti, le caratteristiche principali, gli elementi più importanti (forze in gioco, fazioni, divinità, elementi notevoli). Poi però scegliere uno dei punti e procedete come PG. Qui potete giocare anche una piccola avventura o campagna, e anzi consiglio proprio di cominciare così. Mentre vi occuperete di scrivere l’avventura vi capiterà di aggiungere elementi e situazioni che poi potrete aggiungere alla descrizione del mondo. E così avrete definito una piccola parte della vostra ambientazione in modo efficiente: tutto ciò che avete scritto è servito per giocare un’avventura.

Dopo di che tornate pure ad alternare il metodo GP con quello PG: altri ritocchi al mondo nel suo insieme, poi magari una one-shot in un altra regione, una campagna in un terzo luogo, etc etc.

3 – Culture, non razze

La presenza (o meno) di razze diverse da quella umana è uno dei pilastri principali delle ambientazioni fantastiche e fantascientifiche. Ma troppo spesso ci si limita ad enumerare le razze, descrivendole. Anche inventandone di nuove, magari ben pensate e originali. Ma non è sufficiente! Pensiamoci bene.
Nel nostro mondo non esiste che un’unica “razza” umana (e mi si perdoni l’uso del termine razza, che so essere sbagliato, ma serve nel contesto). Ci sono invece differenti culture.

Lo stesso deve valere in un mondo fantasy. Pensiamo ad una qualsiasi regione europea nel corso del medioevo. Quanti popoli vi abitavano? Quanti si erano succeduti nei secoli precedenti? Ogni conquista e ogni migrazione porta dei cambiamenti. Aggiunge nuove tradizioni, ne modifica alcune di quelle vecchie. A volte le cancella. A ben vedere anche questo è stratificare.

Certamente il nano barbuto, l’elfo arciere della foresta e l’orco selvaggio, hanno il loro perché. Come non mi stanco mai di dire, gli archetipi e gli stereotipi esistono perché funzionano. Ma dobbiamo avere solo nani classici? Assolutamente no! Userò come esempio sempre Eos, un po’ perché è la più recente e “completa” delle mie ambientazioni, un po’ perché ho cominciato a giocarci dividendo proprio razza e cultura per i personaggi giocanti e non.

Su Eos i nani sono divisi in diversi gruppi etnici e culturali. Quelli che spiccano di più sono abbastanza classici: isolazionisti e xenofobi che vivono in grandi montagne e città sotterranee, conducono una vita a stretto contatto con roccia, metallo e tradizione. Molti ci vedono bene nelle tenebre, molti si sono addestrati a combattere in gioventù. Ma poi ci sono nani che vivono nel vicino regno umano, la Teania. Questi nani condividono con i parenti più ortodossi l’innata resistenza ai veleni, e una certa longevità; ma generazioni di vita all’aria aperta gli hanno fatto perdere la vista notturna (che i nani “classici” mantengono tra l’altro con una dieta specifica) e molti non hanno mai imbracciato un piccone o un’ascia nanica in tutta la vita. Cosa significa? La razza è la stessa, ma la cultura è quella umana. Ce ne sono poi alcuni che si sono separati dal ramo principale da parecchio tempo (25 secoli!) e conducono un’esistenza totalmente diversa: vivono in superficie, si sbarbano con cura e sono una piccola potenza militare che ricorda certe città stato dell’antica Grecia (o forse sono una piccola Roma in divenire?). Hanno anche una nomenclatura totalmente diversa, e tutti i cittadini liberi sono obbligati ad un servizio di leva che li addestra negli strumenti da guerra più comuni: lance, spade, scudi.

Qual è lo scopo delle culture? Rendere il mondo più realistico. Non ci sono nani, elfi umani. Ci sono abitanti di regni, comunità, tribù. All’interno di un regno ci possono essere minoranze etniche. Proprio come nel mondo reale, tutto ciò crea delle dinamiche interessanti: il razzismo è deplorevole e degenerato nel mondo reale, ma è un ottimo motore per una storia reale, tangibile, vera.
Per dei personaggi alle prime armi può essere classico e divertente affrontare dei ratti giganti in una cantina… ma può essere molto più stimolante comprendere e affrontare un gruppo di razzisti benpensanti.

Ne vale la pena? mi chiederete. Beh, si, ma richiede una certa dose di lavoro. Io per esempio ho compilato ben 30 culture, ciascuna con la sua regole che la differenziano dalle altre. Ma anche qui potete stratificare procedendo mano a mano, e partire dal grande definendo le razze, arrivare al piccolo scegliendo di descrivere solo alcune culture, e tornando al grande ripetendo il lavoro per altre regioni e popoli.

4 – Qualcosa di vecchio, qualcosa di nuovo…

Una nuova ambientazione si trova a cavallo tra due potenzialità: può essere qualcosa di totalmente nuovo e inaudito, oppure qualcosa di già noto. Badate bene, non c’è un’opzione delle due che sia migliore delle altre. Eberron e Dark Sun sono state ambientazioni innovative nel momento della loro uscita. Golarion no, è semplicemente una nuova versione di Mystara/Faerun. Nomi diversi, geografia differente, stesso concetto di base.

Anche voi dovrete decidere verso quale dei due estremi puntare. Sicuramente l’idea di un mondo totalmente inedito è allettante; ma ci vuole la giusta intuizione. E poi ci vogliono i giusti giocatori. Più spesso che no giochiamo in gruppi fissi e se creiamo qualcosa per loro dobbiamo tenere conto anche dei loro gusti. Se so che ai miei giocatori non piacciono gli anime e l’oriente, non creerò un mondo fantasy-nipponico con poteri mistici e stilemi da manga!
Non è nemmeno solo una questione di gusti: un mondo gassoso, con personaggi composti di gas senzienti e mostri fatti di correnti maligne può essere divertentissimo, ma il 90% dei giocatori non saprebbe cosa farci. A volte è più sicuro creare qualcosa di già rodato, un “generico mondo fantasy” con alcuni elementi molto distintivi.

Stranamente (!), anche qui il mio consiglio è di creare un buon ibrido tra il vecchio e il nuovo. Sicuramente una base facilmente comprensibile a tutti i giocatori è necessaria. C’è un mondo con le sue regioni e i suoi mari, e i suoi popoli. Ci sono creature (magiche o no), e ci sono situazioni interessanti. Questi sono i pezzi base, le fondamenta. Poi potete inserire cose nuove e uniche: magari il mondo è popolato da umanoidi rettiliani e gli umani sono una specie emergente, primitiva, e tutta l’ambientazione è una specie di “mondo prima del mondo”. Oppure c’è stata una rivolta dei golem e ora le creature organiche sono poche e ridotte ad una guerra per la sopravvivenza contro gli spietati costrutti.

5 – …qualcosa di prestato, qualcosa di blu

Non esitate a prendere in prestito. Lo fanno tutti gli artisti, e l’importante è farlo nel modo giusto: non copiate pari pari da un libro che vi è piaciuto, ma selezionate solo alcuni elementi che vi hanno impressionato particolarmente. Poi fate lo stesso con altre cinque o sei opere, mescolate tutto e avrete qualcosa di diverso, ma mosso da quelle situazioni e idee che vi hanno entusiasmato quando le avete viste o lette.

Shannara per esempio ha preso in prestito il Signore degli Anelli in modo eccessivamente pedissequo (Brooks ha subito pure una causa dalla Tolkien Estate), ma voi potreste pensare che l’idea del male che aggioga il bene con l’inganno sia comunque molto bella. Prendetela. Solo, non chiamate il cattivo Sarrion, il Signore degli Orecchini. Sarebbe solo ridicolo (e verreste denunciati dalla Tolkien Estate). Magari vi è piaciuta la figura di Nemo in Ventimila Leghe Sotto i Mari. E forse siete appassionati di Walking Dead.

Ecco, mescolate tutto e avrete un mondo devastato da un’apocalisse (invasione di demoni? di slaad?), con una figura eroica che a bordo di un vascello magico (nave volante? torre magica che fluttua? città volante?) che ha radunato le forze dei sopravvissuti e ha creato un luogo sicuro. Ma questo eroe è in realtà un servitore di poteri perniciosi, e sta sfruttando la devastazione e il disordine per ottenere il dominio del mondo. Ha creato dei soldati di pietra che prima ha usato per difendere la popolazione civile dai mostri, ma ora funziona come forza di polizia e repressione.
I personaggi dovranno scegliere se tentare la fortuna nelle terre devastate dall’invasione planare, o se invece vivere sotto una dittatura.

Infine, qualcosa di blu. Ma che significa?
Ecco, oltre a completare il proverbio inglese, qui serve a definire quel piccolo elemento unico che renderà la vostra ambientazione memorabile. Non è proprio la stessa cosa di “qualcosa di nuovo”. Là abbiamo detto di inserire situazioni, creature e luoghi che non fossero totalmente classici. Da qui un mondo desertico come per Dark Sun, oppure una selezione di razze giocabili un po’ diversa.
Qui invece parliamo di qualcosa di unico. Sempre citando Dark Sun, è il funzionamento della magia. Il mondo è desertico perché una forma di magia funziona privando piante e animali della vita. E qualcuno ci è andato giù pesante con in trucchetti, a quanto pare.
Eos ha alcune piccole cose blu: la sua luna è abitata e raggiungibile in volo, e lo stesso vale per gli altri tre pianeti del suo sistema… uno dei quali, tra l’altro, è l’equivalente dell’inferno. E nel sole c’è (fisicamente) il paradiso per le anime che non si reincarnano. Quindi Eos ha una cosmologia fantastica e non ha dei veri e propri piandi esistenza.
Inoltre, Eos ha una fauna composta anche da animali preistorici come i dinosauri, e in generale ho cambiato i classici “tipi” di mostri di D&D (i giganti sono orchi, i draghi veri sono solo una manciata, i nonmorti sono cadaveri posseduti da demoni, gli elementali sono fatati, etc).
Come vedete non è nulla di totalmente mind-blowing, ma è molto utile per dare unicità all’ambientazione.

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